martedì 22 aprile 2008

un'analisi di Blondet sull'economia americana e sulla crisi delle famiglie americane, che non riescono più a sostenere i debiti contratti. Gli Usa, per sopravvivere, hanno alimentato, le due guerre mondiali, hanno conquistato prima l'Europa, ora tutto il resto del mondo.
Ma ora non dobbiamo permettere che ci trascinino nel loro crollo finanziario. Nel 1929 l'Italia riuscì a reggere l'urto del crollo delle borse Usa, ma gli Stati Uniti si rifecero occupando e spremendo l'Europa. Ora dobbiamo render loro il conto: lasciamoli affondare e riprendiamoci la nostra sovranità. È giunta l'ora di affondare Wall Street e gli Usa insieme. Ellezeta. Milano - Le azioni di una grande ditta specializzata in mutui, la American Home Mortgage, hanno perso l’87 %. L’ancora più grande Countrywide Financial ammette che i suoi «debitori di alta solvibilità» (i migliori), che avevano acceso una seconda ipoteca sulla loro casa (così gli americani, negli ultimi anni, hanno trovato i soldi per consumare) stanno facendo «default». Di conseguenza, la IKB Deutsche Industriebank, che fornisce fidi alle medie industrie tedesche, ha annunciato che i suoi investimenti americani sono gravemente degradati. Così la patologia speculativa USA sta infettando il mondo. A lungo gli storici studieranno come mai una tale follia speculativa - i prestiti a debitori noti per loro precedenti insolvenze - abbia potuto essere lasciata arrivare al punto di irresponsabilità da provocare un nuovo ‘29. Si può spiegare con il rincaro ventennale degli immobili. Le case aumentavano tanto e così sicuramente, che il rischio di fare il mutuo ad un insolvente appariva più che compensato dalla possibilità di rivendere l’immobile, in ogni momento, facendo profitto. La facilità con cui si concedevano i prestiti aumentava la domanda e dunque i prezzi immobiliari, creando un circolo creduto virtuoso… Ma da dove venivano i soldi che le banche prestavano così alla leggera? Dal credito frazionale, la truffa primaria delle banche, in primo luogo. Le banche moltiplicano così per dieci e per venti l’ammontare del debito contratto dagli Stati che prendono prestiti a rotta di collo dalla propria Banca Centrale, indebitandosi (ciò che è oggi «stampare moneta»). Ma La situazione è stato aggravata dai bassissimi interessi - un minimo storico - pagati ai risparmiatori. Le banche prestatrici prendevano denaro a basso costo e lo davano ai contrattori di mutui ad alto interesse. Il «carry trade» ha agito come potente fattore moltiplicatore aggravante. Il Giappone, per uscire dalla decennale deflazione, «stampava moneta» ossia inondava la sua economia di prestiti all’1%. Gli speculatori globali (le grandi banche d’affari USA in primo luogo) si indebitavano dunque in yen all’1%, e davano a prestito quel denaro ai loro debitori col mutuo al 5 o più. Una pacchia. Perché non è durata? Perché tutti hanno esagerato: le banche prestando perdutamente e troppo facilmente (tanto, gli immobili di garanzia del debito rincaravano), e i debitori indebitandosi oltre il loro reddito e la realistica possibilità di far fronte ai ratei. Quando i tassi mondiali hanno cominciato a salire, la macchina del «boom economico» di carta s’è rotta. Perché gli interessi hanno cominciato a salire? L’eccessiva liquidità mondiale ha finito per investire sempre più in materie prime, che salivano astronomicamente perché la Cina, in boom rovente, le compra a qualunque prezzo. Nello stesso tempo, la finanza che «investe» in speculazione, non ha investito abbastanza nel settore minerario - nella più basilare economia reale - sicchè le materie prime sono scarse rispetto alla domanda. La «mano invisibile del mercato», che secondo il dogma liberista doveva far proprio questo, ha clamorosamente fallito. La mano invisibile ha prestato ad insolventi anziché pagare salari operai e produrre beni fisici reali. Alla fine, il rincaro delle materie prime è salito al punto che l’effetto «cinese» (merci a prezzi bassi per il consumo) è finito: la Cina oggi è aggravata da inflazione e le sue carabattole costano sempre di più. Ciò durerà per anni. Nel mercato unico globale, l’inflazione cinese ha inondato il mondo. Le economie occidentali hanno subìto l’inflazione, e di conseguenza il rialzo dei tassi d’interesse. In USA i tassi primari, pari all’1% nel 2005, sono oggi al 5,25%. In Europa dal 2% di novembre 2005 sono oggi al 4%. I debitori di scarso credito, che hanno contratto mutui americani all’1%, e già facevano fatica, figurarsi quanto riescono a pagare al 5-8%. Massicce sospensioni di pagamenti, dilaganti sequestri di immobili, rimessi sul mercato, e quindi, calo dei prezzi immobiliari in USA. Il circolo virtuoso apparente s’è rovesciato nel circolo vizioso reale. Rapidissimo. O meglio: da mesi i segnali d’allarme si moltiplicano. Ma i geniali finanzieri gestori di fondi, i creativi inventori di derivati, si sono sentiti infallibili e invincibili. Tutto il loro genio che ha fruttato loro miliardi poggiava sulla credenza che i tassi giapponesi sarebbero rimasti bassissimi e lo yen debolissimo. Appena lo yen ha cominciato a salire, i genii si sono trovati nella condizione degli insolventi americani col mutuo: il loro debito ha cominciato a crescere. I geniali terrorizzati, sono corsi ad alleggerirsi dei loro debiti contratti in Giappone, ciò che ha creato la prematura fine del «carry trade» e di fatto una riduzione rapida e planetaria della liquidità. Di qui anche l’uscita di molti dal mercato azionario e la stretta sui fidi e sui mutui, prima facili ed ora difficilissimi. Gli hedge funds hanno innescato il disastro. Perché sono essi stessi indebitatissimi (leveraged) onde «aumentare la propria esposizione al mercato» e di conseguenza «ai profitti». Ma quando la tendenza al boom e all’euforia si rovescia, allora anche l’effetto leva si rovescia: se prima ci si indebitava per moltiplicare i profitti, ora il debito moltiplica le perdite di vari multipli. Così gli hedge funds si trovano di colpo a secco, prosciugati fino all’ultimo dollaro. E' successo in USA. Ovviamente, è successo in Italia: Italease, coi suoi genii azzerati dalla Banca d’Italia con criminoso ritardo. L’effetto finale quale sarà? Uno shock che scuote tutto il sistema - un terremoto sistemico - consistente in questo: il rischio di ogni singolo titolo, cambiale, buono e obbligazione risulta di colpo sottovalutato, e deve essere ricalcolato. Ovviamente al ribasso. La carta che valeva AAA+ oggi vale BBB-. Il più alto livello di rischio percepito provoca ovviamente che chiedere denaro a prestito costerà di più. Il che aggraverà il rischio di fatto: aziende che possono ancora prosperare pagando sui fidi interessi del 16% (come in Italia) falliscono quando la banca chiede il 25% o peggio, il rientro immediato (come sta succedendo). La folle euforia dei grandi usurai globali e locali si tramuta in depressione; l’ardimento demente diventa paura da pecore e da conigli, e questa congela l’economia reale: economia finanziaria è economia maniaco-depressiva. C’è un rimedio possibile? Le Banche Centrali dovrebbero, di concerto, ridurre i tassi per contrastare con liquidità il gelo recessivo. Ma la cura è peggiore del male, dato che la liquidità oggi andrebbe non alle imprese reali e ai salari, ma ai giocatori speculativi della roulette globale, che sono la causa della rovina. In ogni caso, la Federal Reserve tenterà di fare proprio questo; ma è ostacolata dal rischio che i suoi creditori esteri si liberino di Buoni del Tesoro che rendono meno, e già si squagliano come gelati al sole a causa del calo del cambio del dollaro. La Banca Centrale Europea, che non capisce mai nulla (è governata da cloni robotici del robot Padoa Schioppa) manterrà alti i suoi interessi, sarà l’ultima ad abbassarli, e solo su ordine USA e naturalmente «meno» degli USA, il che manterrà lo svantaggio europeo dell’euro forte. Insomma i cretini monetari centrali aggraveranno il male, perchè non hanno una teoria adatta alla nuova situazione, e così volano col pilota automatico. Tanto, a loro gli stipendi non mancheranno. Per noi comuni mortali, la loro «scelta» significherà disoccupazione, riduzione dei consumi, e nemmeno deflazione, perché le materie prime rincarano. Peggio ancora che nel ‘29. Maurizio Blondet '"> !-->

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